Spedizione al Polo Nord Amundsen 1925

I componenti della spedizione sono ritratti poco prima della partenza a King’s Bay nello Svalbard. Riconoscibile, seduto, Roald Amundsen. Da sinistra Feucht, Ellsworth, Horgen (ottimo pilota che però non prenderà parte al volo) , Riiser-Larsen, Dietrichson, Omdal. Il progetto è quello di raggiungere per via aerea il Polo Nord. Utilizzeranno a tale scopo due idrovolanti  denominati  N. 24 e N. 25 imbarcati smontati a Tromso su due navi, l’ Hobby e la Farm e rimontati a Ny Alesund . Sul N. 25 prenderanno posto Amundsen (capo spedizione) Riisen Larsen (pilota e comandante in seconda ), Feucht (meccanico) .  Sul N. 24 saliranno Dietrichson (pilota) , Ellsworth (esploratore e finanziatore dell’ impresa) e Omdal (meccanico)

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La fotografia ritrae i componenti del N.24 poco prima della partenza. Si vedono Dietrichson con gli occhialoni al comando, accanto a lui Omdal ed Ellsworth nella cabina di osservazione posta sulla prua dell’ aereo Dornier – Wal . La scelta di questo modello di idrovolante dalle particolari caratteristiche  non è casuale ma frutto di una minuziosa valutazione e si rivelerà, come dimostreranno  gli eventi, di fondamentale importanza. Rispetto agli altri modelli a pattini o a galleggianti laterali presentava, come visibile nella fotografia, un battello centrale di ampie dimensioni in alluminio duro che permetterà di ammarare senza capovolgersi e di non sprofondare nella neve nonostante il considerevole peso del’ aereo (3 tonnellate). La presenza di due galleggianti ai lati della chiglia si rivelerà preziosa agendo come rompighiaccio. L’ aereo era dotato di due potenti motori Roll-Royce da 720 cavalli in tandem uno anteriore ed uno posteriore. In caso di avaria di uno dei due l’ aereo avrebbe potuto proseguire il volo alleggerendo il carico. Il 21 maggio 1925 alle ore 5 di mattina inizia la trasvolata polare: i due aerei , privi di apparecchi radio perchè non disponibili per la data prevista della partenza, decollano dalla King’s Bay. Il N.25 senza problemi, il N.24 riporta invece durante il decollo una falla nella chiglia che non impedirà tuttavia al pilota Dietrichson, di continuare il volo per non compromettere lo svolgimento dell’ impresa.

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Dall’ alto (vedi foto) la banchisa polare si presenta  come una enorme desolata distesa di ghiaccio di 120000 miglia quadrate  interrotta qua e là da canali di acqua “raak” e accidentata da accumuli di ghiaccio “skrugar” creati dalle dighe di pressione. Dopo 8 ore consecutive di volo, giunti all’ 88° Nord, essendo la benzina nei serbatoi ridotta alla metà, il N. 25 (nella foto ripreso dal N. 24) scende a cerchi concentrici cercando dove ammarare. L’ impresa si rileva tutti’ altro che facile per  il rischio di fracassare l’aereo contro gli skrugar ma il pilota riesce a fermarsi fortunatamente su una distesa d’acqua giusto in tempo perchè il motore posteriore smette di funzionare.

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Il pilota del N.24, visto scendere il N. 25 ammara poco distante anche questo con problemi al motore posteriore (alle valvole di scarico). Il Polo Nord non è stato raggiunto e dista solo 136 miglia. Non resta che tornare . I due equipaggi si tengono in contatto con segnali semaforici o morse sino a ricongiungersi.  Non mancano momenti drammatici come quando Dietrichson e Omdal camminando su ghiaccio nuovo sprofondano nell’  acqua  gelida correndo il rischio di essere trascinati sotto la banchisa dalla forte corrente. Sarà Ellsworth a trarli in salvo dimostrando coraggio e determinazione. Per questo gesto  riceverà al suo rientro  dal Re di Norvegia una medaglia al valore.

N17 Il N.24 svuotato di tutte le cose utili per sopravvivere sulla banchisa, viene abbandonato al suo destino.

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Tutti i 6 superstiti lottano per 3 settimane contro la morsa del ghiaccio per salvare l’ unico apparecchio rimasto che è diventato nel frattempo anche il loro rifugio. Lo spostano continuamente su ghiaccio sicuro e approntano una pista di 700 metri adatta per il decollo sbancando con  tre pale di legno e un’ ancora da ghiaccio 500 tonnellate di ghiaccio!  Nell’ attesa di trovare le condizioni favorevoli per decollare riducono la dose di cibo giornaliera da 1000 a 300 grammi (3 biscotti). Misurano con scandaglio a riflessione la profondità del mare in quel punto che risulta essere di 3750 metri e concludono che  al Polo Nord non esistano terre emerse, per lo meno per il tratto da loro esplorato.

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Il 15 giugno il termometro segna -3°, la pista è  gelata, liscia, dura, ideale per il decollo  e soffia un vento favorevole da sud-est.  Alle 9,30 il pilota Riisen-Larsen accende i motori e alle 10,30 finalmente decolla dirigendosi verso la costa nord dello Svalbard. Volano pe ore e ore, combattendo con la nebbia che specie a 82°  era diventata fitta e si mantengono a quota così bassa da sfiorare le punte degli “skrugar” .  Ad un certo punto il comando dei timoni di direzione smette di funzionare per cui verso le 7 di sera sono costretti ad ammarare per poi arrivare a terra un ora dopo a Capo Nord nella terra di Nord-est. Avvistata una baleniera ripartono con l’ aereo ed ammarano vicino ad essa. Il capitano della Sjoliv (questo il nome dell’ imbarcazione) riconosce tra i sei uomini Amundsen dal profilo del naso e li porta  con l’aereo a rimorchio sino alla King’s Bay.

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Il 5 luglio 1925 vengono accolti come eroi dalla popolazione di Oslo  e ospitati a pranzo dai Reali di Norvegia.

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Si conclude dunque in modo trionfale la trasvolata polare di Amundsen-Ellsworth anche se il Polo Nord non è stato raggiunto.

La descrizione dettagliata del polo volare di Amundsen è riportata nel suo libro “Il mio volo polare fino a 88° lat. Nord” edito da Mondadori, 1925

Tutte le immagini riportate nell’ articolo sono  fotocalcografie d’ epoca certificate e appartengono alla collezione Leonardi.

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